Leonardo e Lisa sono due colombi bianchi di forma perfetta di due mesi appena. Il piccolo capo di ognuno si muove velocissimo avanti indietro, a sinistra a destra.
I rotondi occhi neri scrutano lontano e poi vicino.
Stavano quel martedì giorno di mercato per terra dentro una gabbia al sole fra galline e scatoloni con pulcini e papere e paperotti. Il furgone sulla piazza del paese era aperto e dentro altre galline ammucchiate protestavano con striduli schiamazzi. Avevo ordinato i colombi la settimana precedente e ora ascoltavo le parole del contadino che in un dialetto incomprensibile mi spiegava come accudirli.
A casa la gabbietta, collocata in un angolo del terrazzo e provvista di acqua e mangime è controllata continuamente. Ho legato con uno spago le zampette di ognuno. Dopo due giorni osservando la crudeltà di quella soluzione decido di mettere la gabbia sulle tegole del terrazzo e di lasciare così i colombi liberi. La notte i colombi ritornano puntuali dentro il loro nido.
Adesso i colombi si spostano in alto sui tetti, sui fili della luce con voli sempre più audaci, ma il rientro notturno è sempre più raro. Le mie giornate ormai le passo a testa in sù spostandomi di casa in casa con la speranza di scoprire il loro rifugio. Dopo sei giorni di estenuanti ricerche decido di riportare i due colombi al contadino del mercato.
La lotta per catturarli è comica e tragica, ogni stratagemma risulta vano. I due scorrazzano imperterriti, sfidando la mia tenacia. Il settimo giorno mi arrendo. Capisco che Leonardo e Lisa non mi appartengono anche se li ho comprati. Sono di chi ammira e segue il volo di queste due inconsapevoli bellezze, sono dell’aria che velocissime attraversano, e sono del cielo che dall’alto le protegge.