La coppia sta inginocchiata davanti all’altare, al centro della chiesa del paese. Festeggiano i cinquant’anni di matrimonio.
Oggi la funzione è speciale, bouquets di fiori e piante ornano la chiesetta. I banchi sono stracolmi di parenti.
I protagonisti sono loro, gli Sposi. Lui tarchiato, senza età, capelli grigi radi, viso rugoso segnato dal tempo. La moglie umile nell’atteggiamento, scialletto nero sulla schiena ricurva, capelli radi raccolti dietro la nuca, è incerta quasi spaventata.
Hanno in comune l’incanto del loro primo incontro, l’amore reciproco, le difficoltà, i sacrifici, i dolori, le sconfitte, i sogni. Il sacerdote va e viene dall’altare. Il canto è di tutti. Sono parole di ringraziamento di amore a Dio, parole che cercano perdono e chiedono aiuto.
All’improvviso c’è silenzio. Si odono solo le parole sommesse del sacerdote che prega con l’ostia verso l’alto, poi distribuisce la comunione ai presenti. La formula del giuramento è ripetuta dallo sposo e dalla sposa. Le voci incerte quasi bisbigliano il “SÌ”. Con movimenti goffi ci si scambia l’anello. Il giuramento di eterna FEDELTÀ nel matrimonio, fatto davanti a Dio è quasi sempre vano.
Oggi posso ancora sperare.