A Napoli un cattivo caffè, sporcizia e cattivi odori. Un ammasso di gente in movimento.
Sono esposte per terra sui marciapiedi ogni specie di mercanzia insieme a bambole vestite con volant rossi e viola, di uguale dimensione e uguali tutte nell’espressione statica, antica.
Napoli si presenta senza falsi pudori e false cornici. Le viuzze e i vicoli sporchi e affollati in uno spettacolo misero riservato e vissuto da sempre dai napoletani. Al momento della partenza per la Sicilia afferro con lo sguardo l’ultima visione del porto di Napoli.
È notte. Sulla nave il rumore è costante, sommesso insieme ad un dondolio di ogni cosa.Mi trovo la mattina presto sul ponte, lontana da Napoli. C’è un’aria appena mossa, sotto, il mare scuro disteso piatto è tagliato in due.
Biancastra la fenditura vergine delle onde. All’orizzonte il sole riflesso appena sull’acqua, segue e guarda. Le montagne della Sicilia appaiono all’improvviso. Si ergono dal mare imponenti maestose, di qua e di là quasi a difendere il porto di Palermo.
Si alternano ora verdi ora alte di tufo marrone con una gamma più chiara o più scura con linee sfaccettate o sinuose che fanno da quinta al grande palcoscenico naturale e immutato nei secoli.
Lì di fronte c’è la Sicilia. Unica. Lì c’è la “Saggezza” di chi ha acquistato “Coscienza” di esistere.